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di Luciano Lago
L'ultimo trionfo dei partiti considerati anti-europei nelle elezioni italiane, il 4 di marzo, chiarisce una cosa: il "populismo" in Europa non è ancora, come alcuni pensavano, in via di estinzione. Resta da vedere quanto la UE rischia di andare a sbattere e finire la sua corsa verso il nulla.
"L'Europa ha il vento in poppa", aveva dichiarato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo Stato dell'Unione lo scorso settembre.
Non si era accorto il lussemburghese che le sue vele sono troppo a brandelli per spingere in avanti il carrozzone della UE con le sue ottuse politiche neoliberiste. Il distacco dalla realtà degli oligarchi di Bruxelles non potrebbe essere più acuto.
Per la verità, dieci anni dopo la crisi economica globale, l'economia europea stava finalmente tornando a registrare una leggera crescita ma il lavoro rimane il grande escluso dal processo di crescita e, con questo, la fiducia dei popoli nelle Istituzioni della UE. L'ottimismo di Juncker probabilmente rifletteva anche
il trionfo delle elezioni presidenziali francesi dello scorso anno dell'
Emmanuel Macron,
il presidente europeista e banchiere che sostiene riforme profonde - tra cui l'unione bancaria, l'unione fiscale e un budget federale - per promuovere l'integrazione.
Tuttavia le recenti elezioni in Austria, Germania, Repubblica Ceca e, da ultimo, in Italia, raccontano una storia diversa: una grave minaccia incombe sul il futuro della UE -
il "populismo" antieuropeista- la rabbia delle popolazioni che vedono il futuro sempre più precario, la disoccupazione sempre alta, la svalutazione del lavoro , l'insicurezza crescente e l'arrivo di masse di migranti che rischiano di creare in alcuni paesi una bomba sociale destinata ad esplodere.
Sebbene la crisi economica sembra alla fine, le sue cicatrici rimangono fresche,
le disuguaglianze sono aumentate in forma esponenziale e l'emarginazione dei ceti popolari è divenuta cronica.
I paesi del sud Europa- classificazione che include Grecia, Spagna, Italia e, in misura minore, la Francia - rimproverano all'Unione europea la sua mancanza di solidarietà. L'Italia, ad esempio, si è sottoposta all'austerità, ha subito il peso di dover partecipare ai salvataggi bancari altrui (banche francesi e tedesche) ma non ha beneficiato di una uguale solidarietà per i dissesto delle proprie banche e tanto meno ha ottenuto il ritorno a una forte crescita. Inoltre, il paese teme che un'unione bancaria ridurrà il suo margine di manovra nel riparare il proprio sistema bancario a pezzi dopo tanti anni di crisi.
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Diffusione dei partit anti euro in Europa[/caption]
Si aggiunge a questo il fatto che, con Francia e Germania che sono le potenze che tutto decidono,
l'Italia rischia di dovere subire le scelte fatte nell'interesse di altri (come al solito)
. Senza considerare che l'Italia non gode nemmeno di un prestigio significativo all'interno dell'Unione, anzi
viene considerata "irrilevante", come la stessa Merkel ha dichiarato ultimamente.
Nei paesi del sud Europa, le famiglie della classe media e della classe operaia si stanno ancora riprendendo dal declino del loro potere d'acquisto, grazie
alla svalutazione dei salari in un regime di cambi fissi (con l'euro), e le stesse famiglie e piccoli imprenditori, ricordano bene come le banche, che sono state salvate dallo stato, abbiano ridotto il credito. Per molti cittadini, la lezione sembrava chiara: nell'Europa di oggi, i guadagni sono privatizzati e le perdite sono socializzate.
Tutto ciò genera risentimento, in particolare tra coloro che si sentono abbandonati o traditi dall'Europa, i perdenti della globalizzazione, i ceti popolari, i lavoratori dipendenti, precari, disoccupati e il popolo delle partite IVA . Di conseguenza,
l'Italia, una volta, grazie al PD e soci, paese sostenitore principale dell'integrazione europea, è oggi tra i più scettici sull'ulteriore integrazione proposta dagli oligarchi di Bruxelles. Questo spiega il successo di partiti e movimenti che si sono presentati come anti europeisti (salvo verifica alla prova dei fatti).
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Esponenti populisti europei[/caption]
Nonostante la martellante propaganda europeista fatta da tutti i media e dalle TV, la gran parte dei ceti popolari hanno ormai maturato la convinzione che le élite economiche e politiche - abilitate quali fiduciarie dell'Unione europea - avrebbero sempre agito per mantenere la loro posizione di privilegio e imporre la loro volontà alla gente comune. Il richiamo alle politiche di austerità nei paesi in difficoltà come l'Italia, soffocati da un enorme debito pubblico, piuttosto che adottare misure espansive che potrebbero favorire l'occupazione, sembra confermare questa impressione.
Non a caso l'adesione al modello europeista, globalista e neoliberale, si mantiene soltanto nelle classi alte della borghesia cosmopolita che vive nei quartieri centrali delle città, dai Parioli a Roma a via Montenapoleone a Milano, fra i ceti ristretti dell'intellighenzia della sinistra, fra i bocconiani alla Monti e gli intellettuali alla Roberto Saviano,
mentre il popolo delle periferie e i lavoratori, precari e sfruttati, votano in massa per i partiti populisti, al sud i 5 Stelle, al nord la Lega di Salvini. Vedi:
Il ritorno del voto di classe
Ma l'economia non è l'unico fattore che alimenta l'insofferenza contro la UE e fa crescere il populismo.
Altri fattori stanno contribuendo,
con l'immigrazione incontrollata, senza dubbio, al primo posto fra tutti. Dal 2015, quando il numero di migranti verso l'Europa è aumentato, i partiti considerati populisti e di estrema destra hanno capitalizzato la diffusa insicurezza derivante da immigrazione senza controllo e degrado delle periferie, alimentando fenomeni di islamofobia ed a volte di razzismo per ottenere il sostegno delle popolazioni arrabbiate. D'altra parte, in Italia in particolare, è divenuto evidente il disegno di
una pianificazione della migrazione di massa,
alimentato, finanziato e sospinto da ben precise centrali transnazionali e su cui si è innestato il grande business delle cooperative, collegate con il potere politico locale.
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Migranti approdano in Italia[/caption]
Anche in questo caso, il distacco dalla realtà dell'oligarchia di Bruxelles e dei loro fiduciari che seguitano a predicare l'accoglienza, non potrebbe essere più evidente. Tuttavia, mentre la divisione dell'Europa sull'economia è nord-sud, sulla migrazione, la divisione avviene tra est e ovest. Le storie dei paesi dell'Europa centrale e orientale in cui si spostano i confini e la pretesa di Berlino e di Bruxelles di imporre le scelte uguali per tutti, hanno reso la sorveglianza dei confini culturali al centro della loro identità politica. E oggi questi paesi respingono la migrazione in modo così forte che si sono rifiutati di adempiere ai loro obblighi prestabiliti, in quanto membri dell'UE, di accettare le quote di rifugiati da parte della Commissione europea.
Per questi paesi estremamente omogenei, essere costretti ad accettare migranti potrebbe essere sufficiente per rendere l'adesione all'UE poco attraente, nonostante i benefici economici che questa ha apportato alle loro economie.
Quindi la marea populista ed anti-UE in Europa è ben lontana dal ritirarsi. Ma la misura in cui l'UE rischia di essere spazzata via da essa non è chiara - e probabilmente rimarrà tale, dal momento che
l'area grigia continua a crescere e si tratta di quell'area grigia fra i sostenitori dell'euro e della UE e coloro che apparentemente la contestano ma, di fatto, sono collusi con i vertici istituzionali dell'oligarcia di Bruxelles.
Il doppio gioco di questi ambienti ed il celarsi sotto veste "populista" torna utile per catturare consensi ma potrebbe essere tradito in nome dell'emergenza o della pretesa "stabilità democratica". Il copione è stato già recitato
alla perfezione in Grecia dal partito di Tsipras, anche in Italia non mancheranno gli emulatori.