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di Luciano Lago
L'Europa fino ad oggi si è basata su due assiomi che nessuno osava mettere in questione: il primo era quello di uno stretto rapporto di sudditanza e di parnership con gli Stati Uniti che si impegnavano a garantire la protezione e la difesa del vecchio continente, l'altro era quello di una economia globale impostata sui principi liberisti del mercato aperto. Entrambi questi assiomi sono messi in forse dalle politiche dell'Amministrazione USA di Donald Trump che ha dato una scossa a queste "certezze" degli europei.
Gli accordi militari della NATO, negli ultimi decenni si sono stati trasformati
da difensivi in offensivi e l'Alleanza ha acquisito la funzione di strumento militare dei piani di aggressione ed espansione di Washington con in più la nuova impostazione del presidente Trump di far pagare agli alleati i costi della difesa, mettendo a carico dei governi europei il mantenimento delle basi NATO e l'acquisto delle costose armi prodotte dall'Industria statunitense.
In parallelo, gli accordi economici che consentivano l'interscambio fra gli USA ed Europa, con particolare riguardo alla Germania, non sono più considerati coerenti nella visione dell'"America First" di Trump e questi inizia a porre dei dazi sulle importazioni dall'Europa, anche per frenare il gigantesco export della Germania, secondo solo alla Cina, che Washington vuole limitare a favore di una crescita dell'industria nazionale statunitense.
In funzione dei suoi interessi geopolitici,
gli USA hanno creato una frattura con Mosca ed hanno imposto le sanzioni alla Russia a cui l'Europa si è dovuta adeguare, rinunciando all'interscambio in molti settori e subendo enormi danni alla sua economia.
Come se non bastasse, il presidente Trump ha voluto
chiudere unilateralmente l'accordo anti-nucleare globale con l'Iran nella scorsa settimana e la sua amministrazione adesso richiede, in particolare alle compagnie tedesche, ed europee in genere che stavano investendo alla grande in Iran, di ritirarsi dall'accordo salvo pena di sanzioni. È il governo degli Stati Uniti che rompe un accordo internazionale senza nulla aver concordato con i soci europei. Il governo di Washington ha un unico interlocutore privilegiato e questi, si è capito, è l'elite di potere di Tel Aviv.
L'umiliazione e la frustrazione per i vassalli europei, neppure consultati, non poteva essere maggiore.
Con le azioni di questa amministrazione, gli americani di fatto stanno dicendo addio al vecchio ordine mondiale internazionale - che era stato creato una volta da loro stessi - e stanno perseguendo una politica che ricorda i tempi dell'era moderna o del vecchio Impero Britannico.
Il risveglio da letargo per i governi europei non poteva essere più brusco. ! A meno che qualcuno non imbrogli, lo scoppio di una guerra commerciale aperta tra le principali potenze economiche mondiali è imminente. La globalizzazione come la conosciamo sta volgendo al termine. E questo significa anche che le fondamenta del modello di business della Germania, paese trainante in Europa, si sta sgretolando.
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Il presidente Trump annuncia sanzioni[/caption]
Arrivederci, vecchia Europa!
Non solo il tono a Washington è cambiato negli ultimi tempi, ma anche la sostanza. E' quello che si chiede anche
Henrik Müller, un commentatore tedesco sullo Spiegel on line, un impotante giornale collegato con gli ambienti economici tedeschi. Vedi:
Spiegel.de
Esiste una forma di alienazione aggressiva tra l'America e i suoi partnere europei. Le tariffe dell'acciaio e dell' alluminio contro l'UE sono state esposte ai dazi degli USA solo per alcune settimane. Se i dazi saranno presto imposti, l'UE dovrebbe reagire con misure di ritorsione. Una minaccia transatlantica di ritorisione che colpirebbe pesantemente l'economia tedesca innanzi alle altre.
Persino il Giappone, il più importante alleato dell'America in Asia, è apertamente pregiudicato dalla politica restrittiva emanata da Washington. Lo stesso primo ministro giapponese, Shinzo Abe, si manifesta intensamente preoccupato per l'effetto delle misure di Trump che, per avvantaggiare l'economia USA, creano problemi con Tokio tanto che il suo paese viene colpito con tariffe punitive.
Il governo degli Stati Uniti richiede che si riduca il suo disavanzo bilaterale di due terzi nell'arco di due anni (in numeri: $ 200 miliardi) e si muova per determinare qualsiasi tipo di capitolazione incondizionata degli altri partner in tutti i settori della politica commerciale. Logicamente, tutto questo minaccia la Cina che promette ritorsioni.
L'incertezza sulla politica di Washington è ora così grande che l'alleato più importante dell'America in Asia, il Giappone, nonostante tutti gli antichi e radicati rancori, si sta dirigendo verso la Cina. La settimana scorsa, i capi di stato del Giappone e della Corea del Sud si sono incontrati con le loro controparti cinesi per riaffermare il loro comune impegno per la cooperazione economica.
Questo tipo di relazioni di potere, messo in atto da Washington, potrebbe funzionare per un po 'nel trattare con gli autocrati come ilpresidente nordcoreano. Tuttavia un sistema internazionale affidabile e basato su regole certe non può essere costruito in questo modo, dispendendo dalla volubilità di uno dei principali attori sulla scena internazionale. Gli accordi stabiliti vengono infranti, le istituzioni internazionali sono ignorate o svuotate di ogni autorevolezza. Una strategia che a lungo termine non è sostenibile.
Gli Stati Uniti possono esercitarsi nel criticare il regime cinese e la leadership iraniana. Rimane il fatto che l'Occidente, come blocco politico ed economico, attraversa un processo di sfaldamento e tende a dividersi in parti contrapposte e questo in effetti costituisce un cambiamento sostanziale dell'ordinamento internazionale. Tutto questo scuote anche le basi su cui poggiava la sicurezza della Germania, come prima potenza europea.
Globalizzazione: strada a senso unico senza possibilità di svolta?
Questa situazione spinge alcuni commentatori tedeschi come Henrik Müller, sulla Spiegel, a ribadire che La Repubblica federale era costruita su due certezze: che gli americani ci proteggevano e che l'economia globale rimaneva aperta. Entrambi i parametri sono ora in discussione, per usare un eufemismo.
Gli Stati Uniti esigono obbedienza da parte degli alleati europei, sia per quanto riguarda la politica delle sanzioni e del confronto aperto con la Russia, sia per le altre guerre che Washington conduce o promette di condurre su teatri quali l'Afghanistan, la Siria e fra breve l'Iran. Le guerre, le destabilizzazioni di altri paesi e la politica del caos non sembra proprio che rappresentino un vantaggio per l'Europa che già si trova ad affrontare
le conseguenze di questi ultimi conflitti con l'ondata di profughi e di migranti che assedia l'Europa. I rapporti fra le due sponde dell'Atlantico iniziano qundi a logorarsi con una evidente divaricazione di interessi e la cooperazione economica subisce degli strappi.
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NATO forces[/caption]
Il supporto militare degli Stati Uniti per l'Europa è ancora formalmente valido. Ma quanto può ancora durare a lungo? Gli europei - e in particolare la Germania - sono lontani dall'essere in grado di difendersi o di avere capacità di agire con vigore internazionale. Gli Stati della NATO potrebbero aver concordato nel 2002 che ogni stato membro spenda almeno il due per cento del prodotto interno lordo nel suo bilancio militare.In pochi rispettano questo paramentro e non lo fa la Germania.
La sottomissione alla politica di Washington, giudicata oggi pericolosa dai suoi stessi alleati, inizia ad essere pregiudizievole per gli interessi europei e, secondo vari analisti del vecchio continente, occorre fare resistenza per quanto paradossale questo possa sembrare.
Tuttavia di fatto l'Europa è ancora seduta sul vecchio sistema: per la sua sicurezza, si affida agli Stati Uniti; quanto ancora possa durare questo sistema se lo domandano commentatori tedeschi e non solo quelli. Non sembra che la risposta sia facile per i governi europei che fino ad oggi si erano adagiati sulle loro sicurezze.